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MMCov

Traduzione di Ugo Coppola

 

La raccolta di racconti di Daniel King attraversa gli indistinti paesaggi della morte, delle relazioni inasprite dalla vita, dei lati instabili della natura umana, anche dell'attrazione contemporanea della chirurgia plastica spinta ad un sorprendente estremo.

Filosoficamente acuti e dotati di un gusto per il surreale, i personaggi di questi racconti combattono con l'esistenza e con l'un l'altro mentre profonde domande li fanno volare qua e là.

I racconti di King sono stati pubblicati e largamente apprezzati in Australia ed all'estero, e questa compilation ha ricevuto un'Alta Onorificenza negli IP Picks Awards del 2010 per Miglior Opera Narrativa.

 

 

DanielK
Daniel King

 

Daniel King, che scrive anche con il nome di "David King", è nato nell'ovest dell'Australia ed ha vissuto lì per tutta la sua vita. È laureato in Ingegneria ed Inglese ed ha un Dottorato in Filosofia. La sua prima pubblicazione letteraria risale al 1986, e da allora ha pubblicato più di 50 racconti (oltre, in anni recenti, a poesie) in vari giornali australiani ed esteri.

 

  BuyIP Kindle

 

ISBN 9781921869204 (brossura);
158pp; 152mm x 229mm

  AU$30 US$23 NZ$34 £14 €16
ISBN 9781921869211 (libro elettronico)   AU$16 US$14 NZ$18 £8 €9
 
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Edizione inglese di Memento Mori

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Sample

Memento Mori

1
Mentre il professor Ken Rivers s'infilava dentro il grande, antico armadio di pino nella camera da letto di riserva, sentì un crescente senso di pace. Negli ultimi mesi Connie l'aveva messo talmente sotto pressione riguardo alla chirurgia plastica che, se di tanto in tanto non fosse riuscito a nascondersi nell'armadio, adesso sarebbe arrivato all'esaurimento nervoso completo. Sapeva che nascondersi nell'armadio rappresentava, in termini freudiani, un ritorno al grembo materno – ma se l'aiutava ad affrontare i suoi problemi, perché non avrebbe dovuto nascondersi?

Ascoltò. La porta d'ingresso si era aperta? Connie avrebbe dovuto essere al suo tutorial su Shakespeare del terzo anno fino alle quattro, ma spesso i tutorial finivano in anticipo. Molti studenti pensavano che lei avesse modi da dominatrice, e non rimanevano per tutte e tre le ore. L'assenteismo si accentuava durante la fine semestre, quando gli studenti si prendevano un po' di tempo per finire le loro tesine già in ritardo.

Decidendo di non rischiare che lei lo beccasse chiuso nell'armadio, lui ne uscì e si spazzolò via qualche granello di polvere dalla sua giacca color cenere.

La porta si aprì. "Oh, Ken. Che sollievo." Connie buttò una pila di cartelline di compiti e di libri di testo sul letto libero e fece un sospiro esausto, esasperato. "Onestamente, non so perché gli studenti si affannano ad iscriversi ai corsi se poi non hanno intenzione di frequentare ai tutorial. Avevo già progettato un interessante dibattito per discutere se si potesse, alla luce della Terza Critica di Kant, ancora parlare di "bellezza senza tempo" riguardo ai sonetti di Shakespeare e solo due studenti si sono degnati di venire! Naturalmente, entrambi erano studenti di scambio, quindi l'unica a dover parlare sono stata io. Non riesco ad immaginare come si aspettano di essere promossi. Semplicemente non hanno interesse nel guardare al futuro."

Ken fece un sorriso fiacco. "Credo che converrai che molti studenti sono troppo politicamente acculturati, al giorno d'oggi, per poter digerire le discussioni sulla bellezza senza tempo. Tanto varrebbe la pena di parlare di Dio."

Lei lo scrutò da sopra il suo paio di occhiali. Tanto tempo prima portava gli occhiali ma la cheratomia radiale ne aveva cancellato il bisogno. "E questo sarebbe un altro modo per farmi evitare di parlare di chirurgia plastica? Davvero, Ken, per essere un filosofo sei notevolmente convenzionale, a volte." Fece un clic di disapprovazione con la lingua, mentre le sue sopracciglia rosse si curvavano come serpenti che indietreggiavano. "La gente spende migliaia di dollari in vacanze che sono praticamente finite subito dopo essere cominciate, eppure vanno in agonia quando devono spendere qualche soldo in qualcosa che dà anni di benessere."

"Ma non capisco perché dovrei finire sotto un bisturi. Voglio invecchiare elegantemente".

"Tu dici "elegantemente" ma vuoi dire "gradualmente". Non c'è nulla di elegante nella decadenza."

"Be' – te l'ho chiesto tante volte senza mai ottenere una risposta soddisfacente – ma perché mi vorresti far cambiare aspetto? Io sono la stessa persona che sono sempre stata."

"Oh, quindi l'idea della bellezza senza tempo è una stupidaggine, l'idea della personalità senza tempo invece no!" Connie era trionfante. "E ti definisci pure un filosofo!"

"Dico solo quello che di solito si crede."Ken era ferito – profondamente. Connie aveva criticato molte volte il suo aspetto fisico ma mai la sua mente. Era davvero l'ultimo legame fra di loro (a parte il sesso – lui aveva una libido altissima e la riteneva, quando non lo ossessionava con la storia della plastica, sessualmente attraente in modo spaventoso). Senza pensare, si rese conto che stava fissando il cavallo dei pantaloni di lei. Normalmente questo l'avrebbe eccitato, ma adesso quelle grinze a forma di Y gli ricordavano una mano scheletrita. Senza dubbio la colpa era dell'atteggiamento da sfottò di lei. Si chiese, in modo assente, se per caso lei avesse avuto un altro contre-temps con il Rettore.

Lei gli fece un gesto del tipo che avrebbe potuto fare ad un bambino piccolo. "Guardami, Ken. Mi sono fatta fare la plastica tante, tante volte. Quanti anni mi daresti? Trenta? Trentacinque? Eppure ne ho quasi sessanta! Proprio non ti piacerebbe condividere quest'esperienza? Potresti cominciare con un intervento minimo, tipo una blefaroplastica al labbro inferiore. Sicuramente non vorresti diventare un memento mori per me!" Andò all'armadio e si guardò allo specchio. Si sfiorò i suoi folti capelli, tinti castani, che le incorniciavano il volto attraente, ellittico. "Sì, potrebbero facilmente darmi trent'anni."

"Io credo che tutta l'idea dell'età sia quasi astrologica." Sorpreso, quasi allarmato dalla sua sfrontatezza, Ken insistette. "Un anno è semplicemente il tempo che il Sole impiega per attraversare tutte le costellazioni dello Zodiaco, il suo moto radiale apparente." Ancora una volta fece un sorriso fiacco. "Forse qualcuno di quegli studenti New Age ti ha influenzato, cara."

Connie strinse le sue labbra già sottili, poi se le leccò. Le piacevano i duelli verbali. "Ma è proprio quello il punto. L'età misurata in anni è irrilevante. Tutto quello che conta è la qualità dell'aspetto e la qualità dell'intelletto e noi dobbiamo fare il possibile per mantenerle entrambe."

"Se la metti così, senza dubbio." Fece un gesto vago con la mano. "Ne riparleremo più tardi, se proprio dobbiamo. Adesso voglio lavorare un po' sul mio saggio."

Quando fu sicuro che Connie avesse lasciato la stanza (e pensava di poter riuscire ad avere almeno un paio d'ore per sé), prese un po' di libri, una penna e qualche foglio protocollo. Poi si accomodò di nuovo nell'armadio e si preparò a scrivere. L'allusione di lei a Kant gli aveva lasciato un dubbio: se lui fosse capace di scrivere una specie di trattato filosofico per affrontare il suo dilemma riguardo alla chirurgia plastica. Avrebbe scritto nel suo solito stile: uno stile romanzato, con lui come personaggio. L'avrebbe chiamato "Memento mori", da una poesia monotona che aveva scritto qualche anno prima sulle idee di Connie. Avrebbe scritto in quel modo perché le idee sarebbero emerse quasi in forma di dialogo. Stimò di poter produrre almeno otto pagine sull'argomento.


2
Ken sussultò. I suoi occhiali gli dovevano essere scivolati dal naso! Ma dov'erano? Gettò un'occhiata assente alla vecchia pendola. Le cinque in punto.

Rendendosi improvvisamente conto che non sarebbe nemmeno riuscito a vedere l'orologio senza gli occhiali, gli dedicò tutta la sua attenzione. Era stato dotato di un meccanismo elettrico, di cui lui aveva sempre pensato che non stesse bene con l'arredamento; percepiva che una parte dei fili della batteria fossero seccamente in rilievo sul legno. Cos'era successo? Si ammirò le mani e fu stupefatto dal vedere che tutti i peli grigi erano spariti. Erano lisce e non avevano tracce di macchie dovute all'età.

Sentendo un improvviso, freddo timor panico che il temuto esaurimento fosse finalmente arrivato, scese fuori dall'armadio. Immediatamente, seppe che aveva effettivamente subito un cambiamento. Il suo corpo gli sembrava più leggero, più agile. Era un sintomo tipico degli esaurimenti nervosi? Si voltò con apprensione verso la specchiera sull'altro lato della stanza e fu stupefatto nel vedere che il suo solito corpo curvo, col vestito troppo largo, l'espressione benigna, il pizzetto da vedovo e gli occhi acquosi dietro le lenti erano stati rimpiazzati dalla figura scarna di un ragazzo in tarda adolescenza.

Si voltò, come se si aspettasse di vedere il proprietario di quel corpo giovanile in piedi dietro di lui, essendo il proprio corpo maturo divenuto trasparente. Ma era l'unico occupante della stanza. Guardò in giù verso le gambe, se le massaggiò. Erano magre e vestite di jeans, non di pantaloni sartoriali. Si avvicinò allo specchio, allettantemente schifato dalla faccia piuttosto birichina che lo fissava. Stranamente, si sentì come se stesse rileggendo un libro che una volta conosceva molto bene.

E poi capì perché. La figura nello specchio era Ken Rivers diciassettenne.

"Connie." Aveva la gola secca. "Potresti venire qui, per favore? È successo qualcosa." Cercando a tentoni il pomello d'acciaio, si diresse in cucina. Connie, lo sapeva, sarebbe stata lì ad armeggiare con coperchi di pentole e passaverdure, impegnata a preparare la sua solita omelette al peperoncino post-tutorial.

"Sì, che c'è? Ho un mucchio da fare."
Lui entrò in cucina. "Guarda."

"Oh!" Il volto di lei apparve simultaneamente spaventato, affascinato e stranamente offeso. "Chi sei?"

"Ken. Tuo marito." Sentì una disperazione irritata. "Per favore aiutami, Connie." Si tenne la testa fra le mani. Anche i suoi pensieri avevano acquisito l'ingenuità giovanile, la sfacciataggine? Ma anche quella domanda di lei, in virtù della sua matura e trattenuta riflessività, non rispondeva già negativamente? D'altra parte, i suoi pensieri erano stati maturi anche a diciassette anni.

Connie fece una smorfia furba. "Non me l'aspettavo, ma mi va bene." Andò da lui e lui fu colpito da quanto gli apparisse vecchia. Era come se lei non si fosse mai fatto la plastica. Ma dopo lo shock dell'apparente trasformazione di lui, questo non contava più di una leggera sorpresa.

Lei gli passò una mano su e giù per la gamba. "A quale dei miei corsi sei iscritto?"

"Connie, per favore non dire fesserie. Sono felice che ti piaccia il mio nuovo – o forse è vecchio? – aspetto, ma credo che sto avendo un esaurimento." Si resse la testa, confuso. "Ma mi senti quando parlo?"

"È stato il corso su Iser l'altr'anno, non è vero? O c'eri quando ho consegnato la mia tesi 'Finzione realista: convenzioni e cliché'? Non preoccuparti, non sei il primo studente che ci prova con me. Mi piacciono gli adolescenti. Saresti stupito se sapessi quanti anni ho. Ma dovremmo andare da qualche altra parte. Mio marito è qui in giro."

"Hai... hai commesso adulterio?" Improvvisamente, si rese conto che lei non scherzava.

"La mia filosofia è che nessuna persona è la stessa per due giorni di fila, quindi tanto vale la pena di avere un'avventura con gente completamente diversa!!"

Per qualche secondo Ken si limitò a fissarla. Poi corse in avanti, violando lo spazio di lei. "Puttana! Ma perché mi devi sfottere in continuazione? Il sesso e l'amore sono inseparabili!" Cercò di afferrarle le mani con le sue, cercando allo stesso tempo di non eccitarsi, ma non c'era contatto fra loro e le sue emozioni, stranamente, lo ostacolavano. Allarmata, Connie barcollò verso i fornelli. Afferrò un pesante passaverdure e glielo tirò sulla testa.


3
Ken si rialzò a fatica dal pavimento, mentre la stanza gli sembrava ondeggiare qua e là come se fosse stata montata su un dondolo. Si appoggiò ad una sedia della cucina. Per quanto tempo aveva perso conoscenza? La testa gli doleva ancora, quindi probabilmente il colpo di Connie era stato piuttosto recente.

Sedette sulla sedia. Tutto ciò che era successo gli sembrò stranamente remoto. Fu sorpreso nel rendersi conto che aveva trovato la rivelazione dell'adulterio di Connie ancora più scioccante della trasformazione del suo corpo in quello del suo io diciassettenne. Era come un colpo sferrato alla sua stessa esistenza, pensava, una negazione del fatto che la persona che lui chiamava "Ken Rivers" avesse un qualsiasi tipo di legame stabile con i suoi io precedenti – personalità che lei ave-va ritenuto desiderabili ed alle quali, una volta, lei era stata affezionata.

Allungò le mani davanti a lui e con un sollievo infinito, pervaso comunque di una penetrante tristezza, vide che erano le ben note appendici rugose, le dita come larve grinzose di una grande falena.

Quindi si era immaginato tutto?

"Connie...!" Fece una pausa, chiedendosi che cosa dirle. Sarebbe stata ancora arrabbiata con lui? Ma era lui che avrebbe dovuto avercela con lei – naturalmente, sempre supponendo che ci fossero elementi di realtà negli eventi che ricordava. E forse non ce n'erano. La realtà, aveva spesso insegnato, era inter-soggettiva, il prodotto di più persone, non solo di una.

Non ci fu risposta. Si alzò con circospezione, cominciò a girare per la cucina, aprendo gli sportelli della credenza mentre passava. Tutti gli utensili da cucina erano a posto. Non c'erano tracce né dell'omelette al peperoncino post-tutorial di Connie né del fatto che lei lo avesse attaccato. Prese un paio di fogli di carta piegata che lei doveva aver fatto cadere. Uno era la sua poesia "Memento mori":

Memento Mori
di
D.K.

In mezzo agli occhi,
eterni perfetti circoli,
ed ai denti,
frastagliati come lapidi nella loro temporalità,
c'è la pallida argilla per l'arte del chirurgo plastico.
La chirurgia plastica è volgare;
la chirurgia plastica è chic.
Eppure tu, amore mio che invecchi,
la rifiuti;
ed ogni sera con un'insensibilità non di anestesia
vedo le tue mascelle che si abbassano,
le tue gote che si ritirano,
tirando il tuo teschio verso la tua pelle,
pertanto crudelmente condannandomi alla vita con un memento mori.
Un po' di linee traccianti,
un po' di veloci tagli:
ed il tempo sarebbe riscattato.
Ahimè!
Gli unici tagli sono alla mia anima.

Cercò di ricordarsi se alludeva alla ben nota "estraneità", e quindi all'inevitabile decadenza ed invecchiamento, che i teoristi affermavano caratterizzasse la relazione semiotica lettore-scrittore. Arrendendosi, guardò l'altro foglio di carta. Era l'elenco degli alunni di Connie, con solo due nomi segnati. Sorrise a sé stesso, sentendo un improvviso calore – certamente non era solo una triste empatia? – verso di lei. Pensò che fosse lui davvero le doveva qualcosa, per aver sopportato il suo atteggiamento conservatore, le sue fantasie. A parte la sua ossessione per la chirurgia plastica (sorrise al pensare di aver perfino preso in considerazione la possibilità di un suo adulterio) lei era la moglie ideale. Sentendosi leggermente eccitato, si aggiustò i pantaloni

"Connie...!"

Entrò nel bagno e fu allarmato nel vedere, curva dietro la lavatrice, una ragazza di circa nove anni. Portava un vestito rosso e un nastrino per capelli piuttosto antiquato, a forma di falena, decorato con disegni di fragole. "Chi sei?"

La ragazza disse qualcosa ma lui non riuscì a capire le parole.

"Scusami. Dovresti ripetere." Ken la scrutò, cercando di apparire gentile. C'era qualcosa di familiare in quella ragazza. Le sopracciglia fortemente curvate, il volto ellittico, le labbra sottili, una certa mancanza di grazia....

E poi capì. Era Connie bambina. Si ricordò di aver visto in un album, anni prima – era successo a casa della madre di lei? – una foto di una ragazza con un identico nastrino per capelli. Era inequivocabilmente la stessa persona.

Si curvò al livello di lei. "Sei Connie, non è vero?"

La ragazza evitò i suoi occhi, borbottò qualcosa. Chiaramente non voleva parlare, anche se ovviamente si trattava di impertinenza piuttosto che di apprensione.

Mentre una parte di lui si chiedeva come potesse accettare la trasformazione di lei in modo così calmo (allora era questo l'esaurimento?), disse: "Lo sai, Connie, che un giorno io e te ci sposeremo? Siamo ciò che è noto come 'coppia ideale', assolutamente fatti l'uno per l'altra in un modo atemporale, trascendente." Si mise in ginocchio. "Ma credo che tu non conosca il significato di queste parole? Sebbene so che tu eri una bambina intelligente."

La ragazza non disse niente, piegò le braccia.

Improvvisamente sopraffatto dalla passione e dalla consapevolezza che almeno stavolta l'argomento della chirurgia plastica non sarebbe riemerso, afferrò fermamente la bambina. Cominciò a baciarla. Lei si divincolava, ma lui la stringeva ancora di più.

"Non fare cavolate, Connie. L'amore è eterno, un'unione di persone che va dall'inizio del tempo alla sua fine. Anche la Chiesa lo apprezza." Ken mise con fermezza le sue labbra su quelle della bambina, le aprì con la lingua. Contro di essa, i denti riluttanti di lei erano come lisci sassolini di fiume. Cercò i seni non esistenti. Poi, stringendole i polsi dietro la schiena con una mano, cominciò lentamente a slacciarle il vestito con l'altra.